l' uovo in marmo di parmiggiani

Arrivata all' undicesima edizione la Biennale internazionale di scultura di Carrara cerca una nuova visione della scultura, dell' uso del marmo, attraverso una grande kermesse, La materialità dell' esistenza, che ha preso il via il 27 luglio (fino al 27 settembre) e che porterà alla nascita di un museo d' arte contemporanea. E' un viaggio nella contaminazione linguistica - che comprende anche Internet grazie ad un sito e ad una mostra di artisti virtuali realizzata da Kataweb (www.labiennaledicarrara.it) - fotograficamente documentato da Maria Mulas, un viaggio che porta fino a 1240 metri d' altezza, alla cava di Morlungo, sede di una gigantesca installazione permanente progettata da Marco Nereo Rotelli: sulle pareti, come in un libro, saranno incisi i versi di 40 celebri poeti, da Mario Luzi, a Paul Mc Cartney, a Olu Oguibe. Ma arriveranno filosofi (Vattimo, Marramao), registi (un video di Elisabetta Sgarbi), l' Accademia renderà omaggio a Floriano Bodini, mentre il parco della Padula ospita sette installazioni, il primo passo per il museo. Sono opere di Dani Karavan, Ian Hamilton Finlay, Robert Morris, Claudio Parmiggiani, Luigi Mainolfi, Mario Merz e Sol LeWitt, artisti che poco hanno avuto a che fare con il marmo. Ma è anche questa la scommessa della Biennale, testimonia Claudio Parmiggiani, che ha preparato un lavoro che, come dice lui stesso, «è per dimensioni il più piccolo dei lavori presentati alla Biennale, pensato per fondersi con il parco della Padula, un luogo che sembra un giardino romantico, con rocce e anfratti. In una di queste fenditure ho inserito una forma ovoidale in marmo bianco, che idealmente ma anche visivamente sembra esercitare una pressione così forte da essere in grado di spaccare la roccia, quasi fosse un' energia che viene dall' interno della terra». Lei è originario di Luzzara, la città di Zavattini. Ne è stato in qualche modo influenzato? «Ho amato la sua profonda umanità, la sua vitalità, la sua intelligenza, la sua pulizia. L' ho sempre sentito come una figura molto paterna, un fratello in spirito. Eravamo amici, mi ha aiutato. Mi ha presentato persone, ha acquistato opere. C' è stato un dialogo nel tempo». Non ha mai lavorato con il marmo, perché ora ha scelto questa materia? «Non ho mai desiderato lavorare con il marmo. Pochi mesi fa l' ho utilizzato per la prima volta. Insieme a Robert Morris ho realizzato un' opera per la villa di Celle e credo di aver scelto il marmo proprio per la sua impenetrabilità». Il lavoro che ha realizzato per Carrara per la sua forma ovoidale vuol essere un richiamo ai maestri del passato, è un' allusione a Piero della Francesca? «Magari è un richiamo a certi interventi che ho realizzato negli anni Sessanta, lavori che, forse, potevano alludere a Piero della Francesca. Mi è sembrata l' unica opera che potevo immaginare in quel luogo, il parco della Padula, utilizzando un materiale come il marmo. Dentro una materia informe la forma più pura e più assoluta...più che un oggetto un concetto». Più che per i lavori in marmo lei è conosciuto per le "delocazioni". Cosa sono le "delocazioni"? «E' un titolo che ho dato ad alcuni lavori che ho iniziato a realizzare dal 1970 utilizzando come strumenti il fuoco e il fumo per ottenere ambienti d' ombre... ambienti fatti di nulla, dove il nulla indica un tutto». Uno di questi lavori lo sta realizzando al Musée Fabre di Montpellier. Nei giorni scorsi Le Monde ha dedicato un lungo articolo al suo lavoro. Sembra più amato in Francia che in Italia. Perché? «Sono io che amo più la Francia dell' Italia. La Francia è per me un' altra Italia, migliore, un paese dove un artista per la società significa qualcosa di più di quanto significhi per la società italiana». Una volta ha detto di considerarsi «un pittore che non fa della pittura~» «Sì, mi considero un pittore perché quello che faccio ha origine da una tradizione, continua una tradizione e vive dentro quella tradizione... Mettere un' opera dentro il corpo vivo dello spazio, dentro il sentimento dello spazio...questo per me è pittura». E' stato accostato dell' Arte Povera. Si sente parte di questo movimento? «Io con l' Arte Povera non c' entro nulla. Non ho mai appartenuto a nessun gruppo e comunque l' Arte Povera è stata una realtà, ma non la realtà artistica degli anni Sessanta-Settanta. Basterebbe l' assenza di un grande artista come Eliseo Mattiacci a dimostrare quanto sto pensando. Se poi si pensa ai presupposti teorici e alla presenza di un artista, rispettabilissimo, come Giulio Paolini mi dica lei cosa c' entra con l' Arte Povera?». Una delle strade delle arti visive è oggi la tecnologia, Internet... Sotto il cielo delle arti visive sembra regnare una grande confusione... «Personalmente non intrattengo alcun tipo di rapporto con alcun tipo di tecnologia. Non mi sembra che ci sia una confusione maggiore che in altri periodi e comunque se c' è è buon segno. Forse c' è qualcosa che nasce o forse c' è qualcosa che muore».

CARRARA PAOLO VAGHEGGI